Ti Amo di botte!
Inoltre potete leggere questo articolo sul numero di Bianca Magazine di Aprile/Maggio, sulla rubrica “Pillole di Vita”, da me curata.
Inoltre potete leggere questo articolo sul numero di Bianca Magazine di Aprile/Maggio, sulla rubrica “Pillole di Vita”, da me curata.
Con questo articolo voglio porre l’attenzione sul fenomeno del gioco d’azzardo di cui spesso sono vittime anche i minori a causa di un mancato controllo, da parte di chi dovrebbe tutelarli, sull’età degli stessi e sull’utilizzo degli strumenti relativi. In questi casi sono diversi i protagonisti ad essere chiamati in causa ovvero i genitori, i rivenditori e lo Stato. Per quel che qui ci riguarda vorrei concentrare la mia attenzione sul ruolo fondamentale dei genitori che devono dare fiducia al figlio senza però che la stessa si trasformi in assenza di supervisione, poichè quest’ultima è la causa principale del compimento da parte del minore di queste attività vietate.
La responsabilità di questo crescente fenomeno è chiaramente addebitabile anche ai rivenditori e allo Stato. I primi, avendo a cuore come unico interesse i propri affari, spesso tralasciano le proprie responsabilità permettendo ai minori di accedere a giochi d’azzardo, come le scommesse, non chiedendo nessun documento d’identità o addirittura, nonostante abbiano verificato la loro minore età, non rifiutandosi di farli giocare.
Lo Stato, a sua volta, dovrebbe garantire il rispetto di regole efficaci e inderogabili in materia.
Nonostante, dunque, più parti sembrerebbero coinvolte nella tutela dei minori l’attenzione dei genitori sulle attività del figlio rimane sempre principale e fondamentale.
Prendersi cura del figlio, ancor più se minorenne, equivale a prendersi cura di un germoglio; non basta solo piantarlo ma occorre che i genitori, ogni giorno, gli dedichino cure e attenzioni, affinchè cresca sano e forte, con la collaborazione di tutti i membri delle società. Tuttavia, non di rado, nonostante si creda di adempiere alla propria funzione genitoriale nella maniera migliore, ci si ritrova a perdere il dialogo con i figli, a causa dell’età, delle frequentazioni e degli impegni di entrambe le parti e dunque diviene sempre più difficile intervenire quando certe situazioni hanno già oltrepassato il limite. In tali casi non deve ritenersi superflua la possibilità di rivolgersi ad uno psicoterapeuta per un aiuto più concreto.
Il segreto familiare è qualcosa di cui non si può parlare perché spesso motivo di sofferenza o vergogna.Si può trattare di fatti di varia natura che hanno come elemento in comune il non potersene parlare. Ne costituiscono un esempio gli abusi, l’adozione, il suicidio, la carcerazione, l’omicidio o la paternità biologica. I motivi che spingono le famiglie a nascondere tali eventi possono essere, come detto, la vergogna cui si associa il senso di colpa o la paura di essere giudicati negativamente. In realtà non è affatto un bene tentare di proteggere la rispettabilità di una famiglia e le generazioni future attraverso il silenzio e la segretezza. Ciò che invece è più importante è il diritto alla conoscenza, alla verità su quella che è stata la propria storia familiare poiché, soprattutto nei bambini, a volte, l’immaginazione è più dolorosa della realtà. Il segreto emerge infatti anche in assenza di parole, attraverso i silenzi e può accadere che, a volte, svelare un segreto apparentemente indicibile, sia la risposta a tante domande rimaste sospese. Rivelare un segreto dunque è motivo di successo quando i membri della famiglia si dimostrano pronti al cambiamento nel quale, contestualmente, trova spazio anche il sostegno dei professionisti indispensabili nelle delicate fasi di trasformazione ed evoluzione del sistema famiglia.
Affrontare responsabilmente il desiderio di avere un figlio e poi dedicarsi alla sua formazione significa per i genitori creare un profondo rapporto emotivo con il partner e con il proprio figlio. La genitorialità è un passaggio psicologicamente delicato, poiché durante l’attesa si formano “rappresentazioni genitoriali”, fantasie e aspettative, che condizioneranno il tipo di accudimento dei bisogni fisici, affettivi, cognitivi e sociali prestati al bambino. La capacità delle coppie di gestire la transizione verso la condizione di genitori dipende dall’età e dalla maturità dei genitori, dalla relazione con i propri genitori, dal sostegno sociale di parenti, amici e servizi, e dal livello di soddisfazione coniugale prima dell’arrivo del figlio. Ciascuna famiglia si caratterizza per un particolare stile educativo, inteso come quell’insieme di atteggiamenti che il padre e la madre manifestano nei confronti dei figli, creando quel clima emotivo attraverso dei comportamenti specifici, volti ad ottenere determinati risultati educativi. Lo stile educativo si caratterizza per il controllo, le richieste che i genitori fanno ai figli per integrarli nella famiglia e nella società, sollecitando comportamenti maturi, e per il supporto, le azioni finalizzate a favorire l’affermazione di sé attraverso espressioni di sostegno e calore (vicinanza affettiva) e disponibilità a soddisfare bisogni e richieste del figlio. Ciascuna coppia genitoriale darà più importanza a una di queste dimensioni, generando così diversi stili educativi: lo stile autoritario, con alto controllo e basso supporto; lo stile autorevole, con alto controllo e alto supporto; lo stile indulgente-permissivo, con alto supporto e basso controllo; lo stile negligente-trascurante, con basso controllo e basso supporto. Generalmente in ogni famiglia si ritrova uno stile intermedio formato dalla mescolanza di tratti dei vari stili con uno stile predominante.
Il compito di svolgere la propria genitorialità rappresenta un’ esperienza che cambia la vita personale e di coppia degli adulti e chiama in causa diverse componenti: un ambiente adeguato allo sviluppo psicologico del bambino per rispondere alle sue richieste e ai suoi bisogni; una relazione equilibrata e positiva con il figlio; un’ ottima qualità della relazione di coppia dei genitori; le caratteristiche del bambino (sesso, temperamento, ecc.); il modo in cui i genitori sono stati a loro volta educati dai propri genitori; la presenza di altri figli, la capacità di modificare i propri comportamenti e atteggiamenti in relazione al nuovo ruolo di genitore, e il sostegno sociale, economico, parentale e/o amicale (nonni, zii, amici, vicini, ecc.). I figli, quindi, rappresentano una grande realizzazione per la persona, ma anche un grande impegno e una responsabilità: per la donna potrebbe nascere la difficoltà di conciliare l’attività lavorativa con il ruolo di madre, ma anche per il padre potrebbero nascere sensi di colpa in relazione ad una scarsa partecipazione alla vita del figlio per i troppi impegni lavorativi. Il segreto per godersi la maternità e la paternità è non perdere di vista sè stessi, il proprio partner e la propria relazione, poiché un genitore soddisfatto avrà certamente un bambino felice.
Inoltre potete leggere questo articolo sul numero di Bianca Magazine di Febbraio/Marzo, sulla rubrica “Pillole di Vita”, da me curata.
Il 2018 è quasi concluso e noi stiamo per entrare ufficialmente nel vivo di uno dei periodi più attesi dell’anno, ossia quello delle “Feste Natalizie”, che ricordano le luci scintillanti, la musica, le liturgie, il buon cibo, gli amici e le grandi riunioni familiari. A volte però proprio ciò che dovrebbe rilassarci e farci stare bene, come i momenti di condivisione con le nostre famiglie d’origine, diventa fonte di stress per la coppia e per l’intera famiglia, al punto da sentirsene travolti. Spesso ci dobbiamo confrontare con famiglie allargate, fatte da figli di precedenti matrimoni, ex coniugi, parenti che vivono lontano, situazioni familiari in cui è difficile conciliare culture, credenze e stili di vita. Può succedere che quel periodo, che nell’immaginario comune viene dipinto come una ricorrenza amata e desiderata, diventi invece per alcuni una festività da “cancellare”.
La miglior soluzione è certamente evitare le situazioni di disagio che ci creano malessere, ma quando ciò non è possibile, il nostro corpo manda svariati segnali del nostro disagio emotivo: disturbi gastrici, nausea, mal di stomaco, mal di testa. Non è il cibo elaborato e abbondante che non riusciamo a “digerire”, ma le situazioni, le persone e le relazioni con esse. Festeggiare e condividere il lungo periodo delle feste può essere molto impegnativo in questi casi, ma può di certo risultare più semplice e piacevole per tutti, se si seguono alcuni piccoli accorgimenti. Bisogna sempre affermare e delineare il confine tra la coppia o la famiglia da genitori o suoceri che per la troppa affettività, rischiano di entrare nella nostra intimità, invadendola o addirittura travolgendola. Ai vostri cari probabilmente occorrerà un po’ per accettare quei confini sani che voi avete stabilito, ma, con il tempo, ne vedranno tutti i benefici e se questo non avverrà, sarete voi comunque a goderne. Definite le vostre aspettative rispetto a come volete trascorrere le feste e con chi, poiché una sana comunicazione aiuta a evitare malintesi e rancori reciproci.
Infine, bisogna imparare anche a dire “No”, poiché non possiamo accontentare tutti e poi sentirci sopraffatti; la qualità del tempo trascorso è più importante della quantità. Il Natale ha la sua magia ed è bello poterlo vivere rispettando se stessi e le proprie tradizioni, ossia come un’offerta autentica per sé e per i propri affetti. Evitare a tutti costi di far felici gli altri aiuta a rimuovere molte delle barriere emotive alla risoluzione dei conflitti. E adesso, carichi di aspettative e buoni propositi, prepariamoci a goderci in pieno le “Nostre Feste”.
Inoltre potete leggere questo articolo sul numero di Bianca Magazine di Dicembre/Gennaio, sulla rubrica “Pillole di Vita”, da me curata.