Ti Amo di botte!

Inoltre potete leggere questo articolo sul numero di Bianca Magazine di Aprile/Maggio, sulla rubrica “Pillole di Vita”, da me curata. 

Violenza assistita, una diversa ma pur sempre “forma di abuso”

La violenza assistita di cui sono vittime i bambini può avere gravissime conseguenze provocando una grave instabilità emozionale che si traduce in molteplici sentimenti negativi, come ansia, paura, angoscia, senso di colpa, insicurezza.

Può inoltre provocare disturbi del comportamento, tra cui l’isolamento, la depressione, l’impulsività e l’aggressività nonchè gravi disturbi alimentari.

Ma che cosa significa assistere alla violenza? 

Guardare, ascoltare, vivere l’angoscia, esserne investiti, contagiati e sovrastati senza poter far nulla. Significa esporre un bambino a qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative all’interno di ambienti domestici, familiari o comunitari, come spesso accade ai bambini stranieri. Molto spesso questo fenomeno è sottovalutato e non si dà il giusto peso alle sue conseguenze. Dunque in un paese sviluppato, quale dovrebbe essere il nostro, è necessario strutturare una strategia di contrasto della violenza che si basi su tre pilastri fondamentali ovvero la prevenzione, attraverso percorsi educativi, laboratori esperienziali che abbiano l’obiettivo di mettere in discussione i modelli di relazione convenzionali, gli stereotipi di genere e i meccanismi di minimizzazione della violenza; l’emersione, istituendo all’interno delle scuole una figura che abbia le competenze per riconoscere e contrastare le forme di violenza assistita subite dai bambini trovando la collaborazione con i servizi sociali e le associazioni del territorio di riferimento; la forma di protezione che consenta l’immediata presa in carico del minore, senza attendere la conclusione degli iter giudiziari.  Un fenomeno ancora sommerso, quasi “invisibile”, contraddistinto da segnali plurimi, i cui effetti possono essere devastanti sullo sviluppo fisico, cognitivo e comportamentale dei bambini.

In tale contesto si inserisce anche la violenza sui minori stranieri provenienti da un mondo meno fortunato e che sentono su di loro il peso degli sguardi, della discriminazione e della paura nei loro confronti. Come ci suggerisce il Consiglio Nazionale degli ordini dei psicologi va ricordato che tutti i bambini percepiscono la realtà dinanzi a loro con l’armonia dei sentimenti semplici, su cui plasmano il loro sviluppo emozionale. L’infanzia infatti non ha nazionalità ma questo è un concetto spesso astratto e dimenticato.

L’esperienza della sterilità e le sue conseguenze psicologiche.

Nel presente articolo vorrei soffermarmi sulle conseguenze psicologiche che possono derivare da una diagnosi di sterilità, termine con il quale si intende la condizione fisica permanente che colpisce uno o entrambi i coniugi e che non rende possibile la procreazione.

Le reazioni dell’uomo e quelle della donna dinanzi ad una diagnosi del genere sono diverse proprio perché diverse sono le dinamiche interne proprie di ogni genere. La donna, che fin dall’infanzia ha coltivato nelle sue fantasie più profonde l’idea di avere un bambino, di fronte all’ostacolo procreativo sente di essere deprivata di una parte essenziale di sé subendo una ferita nella propria identità che va a colpire la sua area psico-emotiva e culturale come un marchio, un segno di imperfezione o di malformazione di cui si sente colpevole. Un altro elemento importante da considerare è il contesto sociale; la donna sterile spesso si accompagna ad una rete di amiche che con il tempo sperimentano la gravidanza e quindi diventando madri riducono gli spazi e i momenti di condivisone lasciandola senza il giusto supporto emotivo. Nell’uomo invece la sterilità viene percepita come un “verdetto” improvviso e inaspettato che può determinare una reazione depressiva, un appiattimento ideativo ed emotivo se non addirittura una regressione infantile con la moglie. Vengono seriamente minacciate la potenza sessuale, da sempre associata alla capacità fecondativa e l’identità personale e sociale. I sentimenti prevalenti al momento della scoperta di questa verità sono di vergogna, di grave imbarazzo rispetto all’esterno a volte con notevole restrizione dell’ambito delle relazioni sociali, senso di colpa molto forte verso la compagna e la propria famiglia d’origine accompagnati a un senso di perdita e di fallimento.

La sterilità inoltre colpisce la coppia in una delle sue caratteristiche fondamentali in quanto anche se il contesto socioculturale del mondo occidentale è cambiato e la finalità elettiva di un rapporto risiede perlopiù nell’appagamento reciproco e nel dialogo amoroso, il figlio continua a rivestire un ruolo fondamentale, soprattutto nel momento in cui è avvertito come una mancanza. La coppia si trova quindi ad affrontare una vera e propria “crisi di vita” che coinvolge tanto il singolo quanto la coppia dando origine a stress, frustrazione, inadeguatezza e senso di perdita.

A livello psichico la coppia che si trova a dover affrontare tale situazione ha sicuramente bisogno di un supporto terapeutico che la aiuti ad accettare il problema, far fronte alle pressioni sociali, elaborare il lutto per la perdita dell’Io ideale e della propria immagine corporea.

 

Mettiamo su famiglia: il difficile compito di diventare genitori

Family of four in a loving home

Affrontare responsabilmente il desiderio di avere un figlio e poi dedicarsi alla sua formazione significa per i genitori creare un profondo rapporto emotivo con il partner e con il proprio figlio. La genitorialità è un passaggio psicologicamente delicato, poiché durante l’attesa si formano “rappresentazioni genitoriali”, fantasie e aspettative, che condizioneranno il tipo di accudimento dei bisogni fisici, affettivi, cognitivi e sociali prestati al bambino. La capacità delle coppie di gestire la transizione verso la condizione di genitori dipende dall’età e dalla maturità dei genitori, dalla relazione con i propri genitori, dal sostegno sociale di parenti, amici e servizi, e dal livello di soddisfazione coniugale prima dell’arrivo del figlio. Ciascuna famiglia si caratterizza per un particolare stile educativo, inteso come quell’insieme di atteggiamenti che il padre e la madre manifestano nei confronti dei figli, creando quel clima emotivo attraverso dei comportamenti specifici, volti ad ottenere determinati risultati educativi. Lo stile educativo si caratterizza per il controllo, le richieste che i genitori fanno ai figli per integrarli nella famiglia e nella società, sollecitando comportamenti maturi, e per il supporto, le azioni finalizzate a favorire l’affermazione di sé attraverso espressioni di sostegno e calore (vicinanza affettiva) e disponibilità a soddisfare bisogni e richieste del figlio. Ciascuna coppia genitoriale darà più importanza a una di queste dimensioni, generando così diversi stili educativi: lo stile autoritario, con alto controllo e basso supporto; lo stile autorevole, con alto controllo e alto supporto; lo stile indulgente-permissivo, con alto supporto e basso controllo; lo stile negligente-trascurante, con basso controllo e basso supporto. Generalmente in ogni famiglia si ritrova uno stile intermedio formato dalla mescolanza di tratti dei vari stili con uno stile predominante.

Il compito di svolgere la propria genitorialità rappresenta un’ esperienza che cambia la vita personale e di coppia degli adulti e chiama in causa diverse componenti: un ambiente adeguato allo sviluppo psicologico del bambino per rispondere alle sue richieste e ai suoi bisogni; una relazione equilibrata e positiva con il figlio; un’ ottima qualità della relazione di coppia dei genitori; le caratteristiche del bambino (sesso, temperamento, ecc.); il modo in cui i genitori sono stati a loro volta educati dai propri genitori; la presenza di altri figli, la capacità di modificare i propri comportamenti e atteggiamenti in relazione al nuovo ruolo di genitore, e il sostegno sociale, economico, parentale e/o amicale (nonni, zii, amici, vicini, ecc.). I figli, quindi, rappresentano una grande realizzazione per la persona, ma anche un grande impegno e una responsabilità: per la donna potrebbe nascere la difficoltà di conciliare l’attività lavorativa con il ruolo di madre, ma anche per il padre potrebbero nascere sensi di colpa in relazione ad una scarsa partecipazione alla vita del figlio per i troppi impegni lavorativi. Il segreto per godersi la maternità e la paternità è non perdere di vista sè stessi, il proprio partner e la propria relazione, poiché un genitore soddisfatto avrà certamente un bambino felice.

Inoltre potete leggere questo articolo sul numero di Bianca Magazine di Febbraio/Marzo, sulla rubrica “Pillole di Vita”, da me curata. 

Terapia di coppia: sicuri di non averne bisogno?

“Tu mi piaci così come sei ma ti vorrei diverso”

La terapia di coppia costituisce una delle forme più affascinanti e valide di aiuto non solo per quelle coppie che vogliono tentare l’ultima mossa prima di gettare la spugna ma anche per quelle alla ricerca di un “metodo” per affrontare discussioni e problemi.

Due persone per considerarsi coppia devono condividere tre aspetti strettamente interconnessi tra loro ovvero l’aspetto sessuale, quello emotivo e quello sociale.

L’aspetto emotivosi fonda sul dialogo ed è il presupposto affinchè ciascun partner possa svelarsi all’altro per ciò che realmente è così da poter sinceramente essere sostenuto nei suoi bisogni.

L’aspetto sessuale oltre che il modo per soddisfare il desiderio sessuale rappresenta il luogo in cui sentire e riconoscere una maggiore vicinanza del partner.

L’aspetto sociale è invece quello legato ai contesti di vita di ciascun membro della coppia e alla loro capacità di condividere interessi, passioni e amicizie.

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E’ dunque evidente che quando uno dei due partner rifiuta di mostrare la propria vera identità per paura di essere rifiutato o per soddisfare i desideri del partner a lungo andare vivrà un malessere che condurrà la coppia ad uno stato di crisi che, solitamente, in principio, andrà a minare la sfera sessuale. In questi casi la terapia di coppia può servire nella misura in cui entrambi i coniugi riconoscono la loro condizione e sono disposti a mettere in discussione le proprie certezze condividendo parti di sé con l’altro e con un terzo, ovvero il terapeuta, con il quale entrambi possono confrontarsi, rispecchiarsi ed allearsi.

Avvertirela concreta e reale possibilità di cambiare, di buttare via parti di sè o sceglieredi tenersele strette, ci fa sentire di esistere e di far parte di quell’affascinanteviaggio che si chiama vita e che non può esservi se non insieme ad altri.

La terapia di coppia costituisce un contesto affascinante, un territorio diconfine tra l’individualità, la coppia e la famiglia.Il fascino èscoprire che non si è fermi ma in una continua evoluzione e che a distanza dianni una motivazione è stata sostituita da altre, che contribuiranno amantenere vivo e saldo il legame.

E voi che ne pensate? Avete mai preso in considerazione la terapia di coppia? Confrontiamoci insieme!