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Terapia di coppia: sicuri di non averne bisogno?

“Tu mi piaci così come sei ma ti vorrei diverso”

La terapia di coppia costituisce una delle forme più affascinanti e valide di aiuto non solo per quelle coppie che vogliono tentare l’ultima mossa prima di gettare la spugna ma anche per quelle alla ricerca di un “metodo” per affrontare discussioni e problemi.

Due persone per considerarsi coppia devono condividere tre aspetti strettamente interconnessi tra loro ovvero l’aspetto sessuale, quello emotivo e quello sociale.

L’aspetto emotivosi fonda sul dialogo ed è il presupposto affinchè ciascun partner possa svelarsi all’altro per ciò che realmente è così da poter sinceramente essere sostenuto nei suoi bisogni.

L’aspetto sessuale oltre che il modo per soddisfare il desiderio sessuale rappresenta il luogo in cui sentire e riconoscere una maggiore vicinanza del partner.

L’aspetto sociale è invece quello legato ai contesti di vita di ciascun membro della coppia e alla loro capacità di condividere interessi, passioni e amicizie.

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E’ dunque evidente che quando uno dei due partner rifiuta di mostrare la propria vera identità per paura di essere rifiutato o per soddisfare i desideri del partner a lungo andare vivrà un malessere che condurrà la coppia ad uno stato di crisi che, solitamente, in principio, andrà a minare la sfera sessuale. In questi casi la terapia di coppia può servire nella misura in cui entrambi i coniugi riconoscono la loro condizione e sono disposti a mettere in discussione le proprie certezze condividendo parti di sé con l’altro e con un terzo, ovvero il terapeuta, con il quale entrambi possono confrontarsi, rispecchiarsi ed allearsi.

Avvertirela concreta e reale possibilità di cambiare, di buttare via parti di sè o sceglieredi tenersele strette, ci fa sentire di esistere e di far parte di quell’affascinanteviaggio che si chiama vita e che non può esservi se non insieme ad altri.

La terapia di coppia costituisce un contesto affascinante, un territorio diconfine tra l’individualità, la coppia e la famiglia.Il fascino èscoprire che non si è fermi ma in una continua evoluzione e che a distanza dianni una motivazione è stata sostituita da altre, che contribuiranno amantenere vivo e saldo il legame.

E voi che ne pensate? Avete mai preso in considerazione la terapia di coppia? Confrontiamoci insieme!

Aiutare i figli durante la separazione

La separazione è un avvenimento doloroso e stressante nella vita personale e familiare, quasi sempre preceduto da elevata conflittualità coniugale, più o meno scoperta, che si protrae talvolta anche dopo la sua ratificazione o addirittura dopo il divorzio. Questo avviene quando la coppia non riesce ad elaborare la separazione e giungere a quello che si chiama divorzio psichico dall’altro, ostacolando in questo modo una buona riorganizzazione dei rapporti in seno al nucleo, indispensabile per il benessere di tutti e in primo luogo dei figli.

 

IL COINVOLGIMENTO DEI FIGLI NEI CONFLITTI DEI GENITORI

Se la coppia ha figli, essi vengono spesso coinvolti nella conflittualità coniugale, non solo come “spettatori”, ma non di rado anche come alleati di un genitore o di entrambi a turno (triangolazione). A volte divengono oggetto di contesa, se non di scambio, anche dopo la separazione. La discordia genitoriale provoca sempre nei bambini reazioni di ansia e di angoscia. Le conseguenze variano a seconda della fase evolutiva in cui il bambino si colloca e delle specificità riferibili sia al contesto familiare, sia al bambino stesso, come ad esempio la qualità dell’elaborazione soggettiva degli eventi traumatici.

E’ comunque durante la prima infanzia che il bambino possiede minori strumenti di elaborazione dell’angoscia; la comparsa di lamentele e sintomi somatici è l’esito più frequente; non meno rari sono i sensi di colpa nei bambini più grandi relativi al fatto di sentirsi come causa della discordia e la comparsa di stati depressivi e disturbi delle condotte.

Tuttavia anche in fasi più avanzate dell’età evolutiva, i figli soffrono per le discordie genitoriali e se queste non vengono in qualche modo risolte i minori permangono in una condizione che li può esporre a rischi psicopatologici. E’ frequente ad esempio che la coppia genitoriale entri in crisi conclamata proprio quando i figli diventano adolescenti dunque in una fase di per sé complessa e delicata del loro sviluppo, alla quale si aggiungerebbe in questi casi, anche il peso e la sofferenza per la conflittualità coniugale, il vivere in un clima familiare perturbato, frequenti triangolazioni e coinvolgimenti nei problemi di coppia. Condizioni del tutto nocive per il loro equilibrio psichico.

 

AIUTARE I FIGLI DURANTE LA SEPARAZIONE

Ciò che però è importante, è intervenire tempestivamente laddove il rischio di esporre il minore a gravi conseguenze prenda forma.

Se è vero che, cessando la convivenza dei genitori, essi non avranno più modo di assistere direttamente alle loro diatribe, è altrettanto vero che la separazione è comunque un avvenimento doloroso e destabilizzante che genera timori e sensi di colpa. Molto dipende da come viene gestita e dal significato che ad essa viene conferito. E’ utile che ai figli venga passato un significato scevro da connotazioni drammatiche e che siano rassicurati, con le parole e poi con i fatti, sull’amore che ciascun genitore continuerà a nutrire per loro. Importante che i genitori riescano poi a condividere una buona genitorialità in modo da consentire al minore l’accesso sereno ad entrambe le figure.

 

PER RENDERE LA SEPARAZIONE MENO TRAUMATICA

É importante riuscire a condividere la genitorialità in modo coerente e congruente dopo la separazione, cosa non sempre facile da conseguire. Le guerre genitoriali sull’educazione dei propri figli e sulle decisioni da prendere in merito alle numerose scelte che concernono la loro vita presente e futura, ricadono negativamente sul benessere dei figli. Per non citare poi il rischio psicologico che corre la prole nell’essere usata come arma di ricatto economico, cosa che non avviene purtroppo così raramente.

Lo psicologo, e in particolare lo psicoterapeuta sistemico-relazionale, può aiutare la coppia a costruire tale significato e a rendere il processo di separazione meno traumatico, allo scopo di consentire di gestire in modo più sereno tale evento, base sulla quale costruire un futuro migliore, sia per gli ex coniugi, sia per i figli.

Voi cosa ne pensate? Avete mai vissuto un’esperienza di separazione?

 

8 falsi miti e credenze sulla sessualità

Falsi miti, credenze e luoghi comuni hanno da sempre popolato l’immaginario collettivo.
La sfera sessuale è uno dei principali ambiti in cui questi 8 falsi miti hanno trovato terreno fertile.

La disinformazione, non solo può influire negativamente sulla vita sessuale creando ansie e timori talvolta difficili da sradicare, ma può interferire violentemente sullo sviluppo sessuale e psico-affettivo.

Sfatiamo 8 falsi miti e credenze sulla sessualità:

  1. Il pene può rimanere incastrato nella vagina? VERO
    Durante il rapporto la muscolatura di tutto il corpo si contrae e in rari casi può capitare che la muscolatura perineale si contragga così tanto da intrappolare il pene. Basta fare una doccia fredda.
  2. Le donne necessitano di rapporti sessuali molto lunghi per raggiungere l’orgasmo? FALSO
    Non vi è una risposta univoca, in quanto l’orgasmo femminile è un’esperienza estremamente varia ed individuale. La possibilità di raggiungere l’orgasmo, infatti, dipende da molteplici componenti organiche, psichiche, emozionali ed è anche un riflesso della storia individuale di ogni individuo. Ci sono donne e uomini che dopo 20 minuti iniziano a contare le macchie sul soffitto e altri/e che dopo 20 minuti iniziano a scaldarsi
  3. Le dimensioni del pene devono rientrare in un certo standard, altrimenti la donna non proverà l’orgasmo. FALSO
    Prima di tutto il pene non ha una dimensione, una forma o un diametro standard in cui rientrare, ma è unico e varia da persona a uomo a uomo (così come per la struttura della vulva) e già questo dovrebbe rasserenare gli animi maschili.
    Spesso dietro l’ansia da dimensione, si celano altre ansie, come quella di non essere un buon amante, sufficientemente potente sessualmente, la paura del confronto, etc…
    Solitamente, a meno che non ci siano patologie particolari, è di fondamentale importanza effettuare dividere tra funzionalità ( desiderio, erezione ed orgasmo) e dimensioni.
    Questo mito è alimentato anche dalle ragazze che pensano che un pene più grande possa fornire maggior piacere. Qui però ci si incontra con una scarsa conoscenza dell’anatomia femminile (sia da parte degli uomini che delle donne).
    Secondo me trae spesso in inganno il termine “canale vaginale” che è il termine tecnico con cui si definisce appunto la vagina. Tale struttura non è propriamente “canale aperto”, quindi avere dei rapporti sessuali non è il corrispettivo del famoso “fare l’amore con te è stato come gettare un  salame in un corridoio” . A riposo le pareti della vagina aderiscono tra loro, dilatandosi e “stringendosi” adattandosi a ciò che viene inserito nel canale (se viene inserito un dito si stringono attorno al dito, se viene inserito il pene si stringono attorno al pene, se deve passare la testa di un bambino di stringono attorno la testa del bambino).
    La dimensione del pene risulta relativa anche perché la vagina nei suoi due anelli interni non ha recettori che le possano dare sensibilità. Anzi, un pene troppo lungo o grande può causare fastidio alla donna durante il rapporto.
    Un’altra considerazione anatomica fisiologica è da fare sulla clitoride. La clitoride che è la zona più sensibile della donna è un organo esterno che viene stimolato indirettamente con il movimento del rapporto e tale stimolazione non è influenzata dalla lunghezza del pene.
    La risposta orgasmica femminile (e anche quella maschile), correla con infiniti altri elementi, come la sensorialità, l’utilizzo dell’immaginario erotico, un’adeguata stimolazione clitoridea, una buon empatia sessuale con il partner, una buona conoscenza sessuale, etc… Qualche centimetro in più non garantisce il piacere femminile. Il punto G della donna è molto più nella mente che nei genitali.
  4. L’erezione deve essere sempre perfetta e duratura per tutto il tempo del rapporto. FALSO
    Questo è un altro dei miti molto forti e presenti sia negli uomini che nelle donne. Nell’immaginario c’è l’idea del pene d’acciaio, il quale una volta raggiunto lo stato di turgidità, lo manterrà fino al raggiungimento dell’eiaculazione.
    In realtà l’erezione è un fenomeno fisiologico e psichico (basti pensare che tutti i farmaci per combattere le disfunzioni erettili hanno bisogno di uno stato di eccitazione per potersi attivare) e nell’arco di un rapporto è cosa molto comune che il pene abbia delle oscillazioni nella turgidità.
    Queste oscillazioni sono dovute alla normale variazione del flusso sanguineo ma anche ai possibili pensieri e momenti che si vivono durante un rapporto. Un altro mito sull’erezione è quello che all’uomo basti vedere la donna nuda per eccitarsi e se non si eccita significa che non gli piace. Anche qui c’è un errore di fondo che è dato dalla visione estremamente meccanicistica e semplicistica del funzionamento dell’erezione maschile. Anche l’uomo per avere un’erezione soddisfacente deve essere stimolato a livello tattile e mentale.
  5. E’ vero che esistono due distinte tipologie di orgasmo per la donna? FALSO
    L’orgasmo rappresenta il momento di massima intensità del piacere erotico-sessuale. Masters e Johnson (1966), fondatori della sessuologia moderna, svolsero le prime ricerche approfondite sulla fisiologia sessuale umana e distinsero in quattro fasi la risposta sessuale, identificando l’orgasmo nella terza fase, preceduta da eccitamento, plateau e seguita dalla risoluzione.
    Successivamente la Kaplan (1974), propone una nuova e alternativa visione del ciclo di risposta sessuale: è il desiderio che attiva la risposta sessuale, seguito da eccitazione, orgasmo e risoluzione.
    Questi studi furono fondamentali a sfatare il falso mito dell’esistenza di due tipi di orgasmi femminili. Infatti Freud (1900) aveva teorizzato la presenza nelle donne di un orgasmo clitorideo, più immaturo e nevrotico, e dell’orgasmo vaginale accessibile solo a donne psico-affettivamente mature. Questa teorizzazione ha creato nel corso degli anni diverse problematiche rispetto lo sviluppo psico-sessuale della donna, causando molteplici incertezze ed insicurezze nella sfera intima, emozionale e anche identitaria.
    Masters e Johnson hanno dimostrato che anche l’orgasmo vaginale è sostenuto, in gran parte, dalla trazione meccanica del clitoride durante i movimenti coitali. Quello che muta è l’esperienza dell’intensità del piacere; inoltre la variabilità individuale della risposta sessuale è influenzata da fattori biologici, fisiologici, ambientali, emozionali e psicologici.
    Non esiste una vera e propria distinzione tra orgasmo clitorideo e vaginale, infatti studi precedentemente citati dimostrano che l’orgasmo è unico in quanto la zona clitoridea è sempre coinvolta.
  6. E’ vero che l’utilizzo del profilattico potrebbe ritardare o impedire il raggiungimento dell’orgasmo nella donna? FALSO
    Non ci sono evidenze empiriche che dimostrino un orgasmo ritardato come conseguenza dell’utilizzo del profilattico, tuttavia ci potrebbero essere delle ripercussioni a livello psicologico in grado di interferire con la risposta sessuale.
    Alcune donne, infatti, potrebbero esperire una sorta di blocco psicologico dovuto al non contatto diretto col partner, interpretando il profilattico come una barriera che ostacola l’intimità.
  7. Solo il raggiungimento di un orgasmo simultaneo tra partner indica un rapporto sessuale appagante? NI
    Talvolta tra le donne vi è la radicata convinzione che raggiungere l’orgasmo insieme al proprio partner rappresenti, per entrambi, la massima soddisfazione sessuale e relazionale (maledetto Moccia e co..).
    Questa falsa credenza potrebbe avere ripercussioni negative sulla rappresentazione che la donna ha del funzionamento della sessualità della coppia.
    Addirittura, alcuni teorici (Veglia; Pellegrini, 2003), ritengono che non vivere simultaneamente l’orgasmo possa incrementare il piacere in quanto, sentire il piacere dell’altro, accrescerebbe il proprio. Tale condizione può essere sperimentata come un “doppio orgasmo”.
  8. L’uomo può fingere l’orgasmo. VERO
    Anche l’uomo, come la donna, magari in percentuale inferiore, può fingere l’orgasmo. Partiamo da un concetto, l’eiaculazione non sempre coincide con l’orgasmo, e per l’uomo così come per la donna gli orgasmi non sono tutti uguali. Una disfunzione sessuale maschile, è l’anorgasmia o l’eiaculazione ritardata, cioè l’impossibilità di raggiungere il piacere sessuale con la partner, per tutta una serie di fattori fisici, ma più frequentemente emozionali, intrapsichici e relazionali.