7 Regole d’oro per educare i bambini

Giovanni Bollea è considerato il padre della moderna neuropsichiatria infantile: il suo merito è stato principalmente quello di fondere il momento pedagogico e il momento psichiatrico.

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LE SETTE REGOLE D’ORO PER EDUCARE I BAMBINI

  1. Dategli meno. Hanno troppo, non c’è dubbio. Il consumismo fa scomparire il desiderio e apre le porte alla noia.
  2. Quello che conta è l’intensità, non la quantità di tempo passato con i bambini. I primi venti minuti del rientro a casa dal lavoro sono fondamentali. Devono essere dedicati al colloquio e alle coccole. E non certo a chiedere dei compiti o dei risultati.
  3. I giochi più educativi sono quelli che passano attraverso la fantasia della madre e le mani del padre: bastano due pezzi di legno, ma i genitori ormai non sanno più inventare.
  4. Dai tre ai cinque anni è bene avviare i bimbi ai lavoretti a casa, assieme ai genitori. È utile che sappiano stirare con un piccolo ferro o attaccare un bottone.
  5. Sport. Prima di tutto deve essere lui a desiderarlo. Meglio se lo fa in gruppo, facendo capire che agonismo significa emergere con fatica e non diventare campioni. Ottime due o tre ore di palestra alla settimana. Poca competizione, grande beneficio fisico.
  6. Va incoraggiata la cultura artistica abituandoli al bello. Teatro, musica, arti visive creano il desiderio di migliorare. I soldi spesi per la cultura sono quelli che rendono di più.
  7. Ultimo suggerimento: una teoria personale del Dott. Bollea: la donna a tre quarti del tempo. Le donne che lavorano, la maggioranza, a fine giornata pensano già ai figli, alla spesa, agli impegni di casa e rendono poco. Non sarebbe meglio lasciarle uscire mezz’ora prima? I figli, tornando da scuola, le avrebbero a casa meno stressate e più disponibili. Più che di corsi, è di questo che i bimbi hanno bisogno.

E voi che ne pensate? Usate già una di queste 7 regole d’oro?

Aiutare i figli durante la separazione

La separazione è un avvenimento doloroso e stressante nella vita personale e familiare, quasi sempre preceduto da elevata conflittualità coniugale, più o meno scoperta, che si protrae talvolta anche dopo la sua ratificazione o addirittura dopo il divorzio. Questo avviene quando la coppia non riesce ad elaborare la separazione e giungere a quello che si chiama divorzio psichico dall’altro, ostacolando in questo modo una buona riorganizzazione dei rapporti in seno al nucleo, indispensabile per il benessere di tutti e in primo luogo dei figli.

 

IL COINVOLGIMENTO DEI FIGLI NEI CONFLITTI DEI GENITORI

Se la coppia ha figli, essi vengono spesso coinvolti nella conflittualità coniugale, non solo come “spettatori”, ma non di rado anche come alleati di un genitore o di entrambi a turno (triangolazione). A volte divengono oggetto di contesa, se non di scambio, anche dopo la separazione. La discordia genitoriale provoca sempre nei bambini reazioni di ansia e di angoscia. Le conseguenze variano a seconda della fase evolutiva in cui il bambino si colloca e delle specificità riferibili sia al contesto familiare, sia al bambino stesso, come ad esempio la qualità dell’elaborazione soggettiva degli eventi traumatici.

E’ comunque durante la prima infanzia che il bambino possiede minori strumenti di elaborazione dell’angoscia; la comparsa di lamentele e sintomi somatici è l’esito più frequente; non meno rari sono i sensi di colpa nei bambini più grandi relativi al fatto di sentirsi come causa della discordia e la comparsa di stati depressivi e disturbi delle condotte.

Tuttavia anche in fasi più avanzate dell’età evolutiva, i figli soffrono per le discordie genitoriali e se queste non vengono in qualche modo risolte i minori permangono in una condizione che li può esporre a rischi psicopatologici. E’ frequente ad esempio che la coppia genitoriale entri in crisi conclamata proprio quando i figli diventano adolescenti dunque in una fase di per sé complessa e delicata del loro sviluppo, alla quale si aggiungerebbe in questi casi, anche il peso e la sofferenza per la conflittualità coniugale, il vivere in un clima familiare perturbato, frequenti triangolazioni e coinvolgimenti nei problemi di coppia. Condizioni del tutto nocive per il loro equilibrio psichico.

 

AIUTARE I FIGLI DURANTE LA SEPARAZIONE

Ciò che però è importante, è intervenire tempestivamente laddove il rischio di esporre il minore a gravi conseguenze prenda forma.

Se è vero che, cessando la convivenza dei genitori, essi non avranno più modo di assistere direttamente alle loro diatribe, è altrettanto vero che la separazione è comunque un avvenimento doloroso e destabilizzante che genera timori e sensi di colpa. Molto dipende da come viene gestita e dal significato che ad essa viene conferito. E’ utile che ai figli venga passato un significato scevro da connotazioni drammatiche e che siano rassicurati, con le parole e poi con i fatti, sull’amore che ciascun genitore continuerà a nutrire per loro. Importante che i genitori riescano poi a condividere una buona genitorialità in modo da consentire al minore l’accesso sereno ad entrambe le figure.

 

PER RENDERE LA SEPARAZIONE MENO TRAUMATICA

É importante riuscire a condividere la genitorialità in modo coerente e congruente dopo la separazione, cosa non sempre facile da conseguire. Le guerre genitoriali sull’educazione dei propri figli e sulle decisioni da prendere in merito alle numerose scelte che concernono la loro vita presente e futura, ricadono negativamente sul benessere dei figli. Per non citare poi il rischio psicologico che corre la prole nell’essere usata come arma di ricatto economico, cosa che non avviene purtroppo così raramente.

Lo psicologo, e in particolare lo psicoterapeuta sistemico-relazionale, può aiutare la coppia a costruire tale significato e a rendere il processo di separazione meno traumatico, allo scopo di consentire di gestire in modo più sereno tale evento, base sulla quale costruire un futuro migliore, sia per gli ex coniugi, sia per i figli.

Voi cosa ne pensate? Avete mai vissuto un’esperienza di separazione?

 

Uso frequente dei media? Adolescenti a rischio!

L’uso frequente dei media tra gli adolescenti, fornisce ai giovani una stimolazione rapida e ad alta intensità, accessibile tutto il giorno. L’uso frequente dei media è stimato tra le otto e nove ore al giorno con conseguenze sulla loro salute, tra cui maggiori probabilità di sviluppare sintomi del  Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD).

Un team di ricercatori della University of Southern California (USC) ha rilevato che gli adolescenti che fanno un uso frequente di dispositivi digitali hanno il doppio delle probabilità di mostrare sintomi di ADHD. Questo è stato descritto dal National Institute of Mental Health come una patologia che include sintomi del pattern dell’attenzione, del comportamento iperattivo e impulsivo, e che interferisce con il funzionamento e lo sviluppo dell’individuo.

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La ricerca

Lo studio ha monitorato circa 2.600 adolescenti per due anni, concentrandosi in particolare sulle conseguenze per la salute mentale di una nuova generazione che s’interfaccia con un uso frequente di media e device digitali onnipresenti.

La novità è che precedenti studi su questo argomento sono stati fatti molti anni fa, quando non esistevano social media, telefoni cellulari, tablet e app mobili – ha dichiarato Adam Leventhal, professore di medicina preventiva e psicologia e direttore della USC Health, Laboratorio di Emotion and Addiction presso la Keck School of Medicine di USC – Le nuove tecnologie mobili possono fornire una stimolazione rapida e ad alta intensità accessibile tutto il giorno, che aumenta l’esposizione ai media digitali ben oltre ciò che è stato studiato in precedenza.

Possiamo dire con sicurezza che gli adolescenti che sono stati esposti a più alti livelli di media digitali hanno avuto maggiori probabilità di sviluppare sintomi di ADHD.

Essendo l’ ADHD una patologia abbastanza comune nei bambini e adolescenti, con un’incidenza del circa 4%, i presenti risultati aiutano a colmare una lacuna nella comprensione di come i nuovi dispositivi multimediali mobili rappresentano un rischio per la salute mentali dei ragazzi. Questi risultati servono da avvertimento poiché i media digitali sono sempre più diffusi, più rapidi e stimolanti.

Questo studio solleva preoccupazioni sul fatto che la proliferazione di tecnologie multimediali digitali ad alte prestazioni potrebbe mettere a rischio una nuova generazione di giovani per l’ ADHD – afferma Leventhal.

 

I genitori sono tenuti pertanto a comprendere il rischio al quale sono esposti gli adolescenti di oggi, un rischio da non sottovalutare assolutamente. In questi casi un monitoraggio preventivo da parte dei genitori associato al supporto di uno specialista può rivelarsi fondamentale.

Che rapporto hanno i vostri figli con la tecnologia? Avete mai cronometrato quanto tempo trascorrono davanti a tv, pc e smartphone?
Se vi va lasciate un commento con la vostra esperienza. Il confronto è sempre un abile alleato nella risoluzione di un problema.

Fonte: http://www.stateofmind.it/2018/09/adhd-adolescenza-tecnologia/

 

 

 

Disturbi dell’apprendimento? Come intervenire

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DSA è l’acronimo di Disturbi Specifici dell’Apprendimento e sta ad indicare una specifica categoria di disturbi che si manifestano con significative difficoltà nell’acquisire ed utilizzare le proprie abilità di ascolto, espressione orale, lettura e ragionamento matematico, pur conservando intatto il funzionamento intellettivo generale.

Le famiglie di bambini che soffrono di DSA hanno bisogno di essere guidate nella conoscenza del problema in merito ai possibili sviluppi dell’esperienza scolastica. Queste devono anche essere informate con professionalità e costanza sulle strategie didattiche che la scuola progetta per un apprendimento che sia quanto più possibile sereno e inclusivo.

Scoprire che il proprio figlio ha una problematica inerente l’ambito scolastico non è facile da accettare ed è comprensibile che i genitori possano essere spaventati inizialmente. Uno degli aiuti per i genitori è infatti il parent training. Si tratta di un modello di intervento la cui caratteristica principale è quella di coinvolgere i genitori quali agenti di primaria importanza nello sviluppo dei figli, offrendo un aiuto specialistico a coloro che desiderano cambiare il modo di interagire con loro e promuovendo lo sviluppo di comportamenti positivi per il benessere dell’intero nucleo famigliare e non solo dei minori.

Da non sottovalutare in questi casi, è anche l’importanza di essere seguiti a casa attraverso un doposcuola specialistico dove i bambini possono imparare ad utilizzare gli strumenti compensativi e dispensativi in conformità alla legge 170 in modo da agevolare l’intero processo di apprendimento.

E voi cosa ne pensate? Vi siete mai trovati in situazioni di questo tipo? Parlarne è sempre il primo passo verso la graduale risoluzione del problema.